Sempre più spesso si sente parlare dell’indice glicemico degli alimenti, sia a causa di un progressivo aumento della popolazione in sovrappeso e delle persone affette dal diabete di tipo 2, sia a causa della tendenza salutista che ultimamente si sta diffondendo sempre di più. Si cerca di riscoprire gli alimenti autentici, e di ritrovare un’alimentazione sana ed equilibrata fatta di ingredienti non modificati o alterati con sostanze artificiali dannose per la salute. Avete mai sentito parlare dell‘indice glicemico?
Indice glicemico: cos’è?
L’indice glicemico indica quanto velocemente aumenta il livello di glicemia dopo il consumo di un alimento contenente 50 grammi di carboidrati. Il valore che si utilizza come riferimento è l’indice glicemico del glucosio che è pari a 100. Esistono poi alimenti che si collocano al di sopra o al di sotto di tale valore. Un indice glicemico pari a 50 significa che il livello di glicemia aumenta con una velocità pari alla metà di quella del glucosio.
L’indice glicemico dipende anche dalla tipologia di carboidrati: solitamente i carboidrati semplici hanno un indice glicemico più elevato, ma dipende! Non è detto che lo stesso alimento mantenga lo stesso indice glicemico in tutti i suoi “stati”: la cottura può essere ad esempio una variabile da non sottovalutare (la pasta al dente ha un indice glicemico più basso della pasta molto cotta o scotta). Inoltre l’indice glicemico è influenzato dalla quantità di fibre presenti nell’alimento, e da tanti altri fattori.
L’indice glicemico si può classificare in:
- BASSO: IG<55
- MEDIO: 56<IG<69
- ALTO: IG>70
Indice glicemico o carico glicemico?
Ormai si legge ovunque che mangiare troppi cibi con indice glicemico elevato può essere dannoso per la salute; a lungo andare favorisce l’aumento di peso e aumenta il rischio di sviluppo del diabete di tipo 2. Andrebbero quindi privilegiati gli alimenti a basso indice glicemico, che quindi impiegano più tempo a modificare il livello di glicemia (e la conseguente risposta insulinica), dando anche una sensazione di sazietà prolungata.
Tuttavia per valutare l’impatto di un alimento sulla nostra glicemia bisognerebbe considerare anche il carico glicemico. Mentre l’indice glicemico da un’informazione qualitativa del tipo di carboidrato, il carico glicemico fornisce invece un’informazione quantitativa, pur essendo direttamente dipendente dal valore dell’indice glicemico. Il calcolo è semplice:
CARICO GLICEMICO = INDICE GLICEMICO * QUANTITA’ CARBOIDRATI (g) /100
Alcuni alimenti possono avere alto indice glicemico ma basso carico glicemico, e non devono essere demonizzati. Se si considerano i picchi glicemici e i conseguenti rischi per lo sviluppo del diabete di tipo 2 bisogna tener conto dei diversi casi. Ad esempio un etto di pasta (indice glicemico medio) aumenta di più la glicemia di una banana (indice glicemico alto, ma con meno carboidrati). Il carico glicemico viene così classificato:
- BASSO: CARICO GLICEMICO<10
- MEDIO: 11<CARICO GLICEMICO<19
- ALTO: CARICO GLICEMICO>20
Gli alimenti da evitare o ridurre sono quindi tutti quelli caratterizzati da alto carico glicemico e alto indice glicemico. Pensando alla dieta tipica delle nostre regioni è naturale pensare ai carboidrati complessi più comuni nelle nostre tavole: pane e pasta, e quindi farine. Come comportarsi?
Come scegliere le farine giuste?
Non è giusto condannare pane e pasta: il mondo delle farine è affascinante perché è vario, e il consumo di pane e pasta oltre a essere quasi impossibile da evitare per chi vive in Italia e non vuole torturarsi ogni giorno con rinunce difficili, crea comunque anche dei benefici a livello cardiovascolare, ovviamente se si consumano le giuste quantità e le giuste tipologie.
Il tema delle farine (trattato nel dettaglio anche qui) è stato particolarmente inflazionato negli ultimi anni dalle grandi multinazionali e dalla cattiva informazione che spesso passa attraverso gli scaffali dei supermercati e le pubblicità in tv. I prodotti integrali non è detto che lo siano veramente, i prodotti ad esempio di farro non è detto che lo siano veramente… meglio leggere sempre l’etichetta. Il farro, il grano saraceno, la quinoa, ecc. vanno tanto di moda e aiutano a vendere di più, e a prezzi più alti, ma non saranno delle percentuali infinitesime di questi prodotti a cambiare la nostra alimentazione. Una farina integrale è integrale se non viene raffinata. I prodotti integrali con farina di tipo 0 o 00 con aggiunta di crusca, non sono prodotti integrali!
Le farine possono essere di diverso tipo, e ogni tipo ha un diverso indice glicemico e carico glicemico.
Ecco una classificazione delle farine in base a indice glicemico e carico glicemico (il carico glicemico è calcolato su 100g di prodotto. I valori risultanti potrebbero essere elevati; a parità di indice glicemico, per ridurre il carico glicemico è necessario ridurre la porzione assunta).
Da questo grafico è facile capire visivamente quali farine possono essere assunte con minor impatto sui livelli di glicemia (in basso a sinistra) e quali invece è necessario limitare o comunque controllare (in alto a destra).
Tiriamo le somme…
L’indice glicemico da un’idea della velocità con cui aumenta la glicemia, che si riflette anche sul livello di sazietà percepito dopo aver mangiato un determinato alimento. Ma per valutare situazioni di iperglicemia e rischio di sviluppo del diabete di tipo 2 è bene prendere in considerazione anche il carico glicemico. Il carico glicemico può avere effetti diversi da individuo a individuo, e per mantenere un livello potenzialmente non rischioso non è necessario eliminare determinati alimenti ma spesso basterà ridurli (riferendosi sempre a individui sani). Ad esempio, sapendo che 100 g di farina di grano saraceno causano un carico glicemico superiore a 30, per stare entro un valore di carico glicemico medio si dovranno consumare non più di 45 g di farina. In caso di parità di carico glicemico è sempre meglio preferire alimenti a basso indice glicemico.
E ora…a impastare il pane! Sperimentare nuove farine oltre che salutare è anche molto divertente!
Ok, ma se, ad esempio la pasta, viene condita con olio EVO (grassi) e verdure, la combinazione mi pare modifichi gli effetti sulla glicemia. Quindi forse non è da considerare l’indice e il carico glicemico dell’intero “piatto” più che del singolo alimento?
Assolutamente si! Ma chiaramente se si considera pasta di farina di grano duro o pasta di farina di farro il punto di partenza è diverso a parità di condizioni. Poi il condimento andrà a influenzare i valori ulteriormente.